Quando mi affaccio con delicatezza e curiosità all’interno di una casa abbandonata o di un antico opificio dismesso, come quelli allineati lungo il Torrente San Giovanni alle pendici di Castelluccio Inferiore, mi interrogo sempre sul fatto che nessuno potrà più apprezzare l’odore delle muffe, né il profumo antico del legno, non si potrà più percepire l’odore del fieno né quello del letame nelle stalle.
I nuovi strati di intonaco, una volta avviate le opere di restauro, seppelliranno definitivamente i muri delle cucine ondulati ed arrostiti come le croste del pane. I vetri ondulati delle piccole finestre oscure e sbilenche saranno sostituiti con vetri termici a camera d’aria. Le tegole dei tetti saranno allineate senza imperfezioni e le chiome di argilla frastagliata delle vecchie residenze, modellate da un’accattivante se pur disordinata messa in piega, si saranno trasformate in schieramenti perfetti sottolineati dal colore metallico delle nuove gronde di rame.
Non sempre si riscontra tra gli addetti ai lavori, l’amore per il recupero, la passione per il restauro, la capacità e la sensibilità per la conservazione. Tutto troppo costoso.
Il legno di castagno stagionato non c’è più, bisogna cuocerlo nei forni. I grandi mantici che attizzavano il carbone per forgiare il ferro dei cancelli e delle balaustre non li utilizza più nessuno. Le case restaurate sono pulite, quasi candide e l’antica patina dei soffitti anneriti, degli intonaci scrostati, dei camini e dei pavimenti in cotto spezzato e levigato, è andata perduta.
La maggiore preoccupazione per un antiquario è garantire la famosa “PATINA” sui mobili d’epoca che vende. La patina è qualcosa di indescrivibile che però si riconosce al tatto; è il segno dell’antico, dell’autenticità. E’ molto difficile inventarsi una patina anche se la odierna tecnologia ci offre produzioni di Gres Porcellanato ad imitazione perfetta del Cotto Antichizzato, finta Pietra in Piastrelle di Ceramica, finte Travi Lignee in Polistirolo verniciato, finto Marmo con Resine ricomposte, finto Legno gelato come l’alluminio. Tutto ciò a dimostrazione di quanto importante e forte sia la richiesta di utilizzo dei segnali del tempo, appunto, della Patina.
Le testimonianze di autenticità appaiono opacizzate, soffocate e spesso non più percepibili. E’ ovvio che un intervento di restauro statico-conservativo abbia la finalità di restituire al fruitore contemporaneo il bene agibile ed in condizioni di massima sicurezza. E’ altrettanto vero però che quel bene non conserva più le testimonianze misteriose dell’architettura spontanea, né potrà più esprimere le emozioni autentiche che gli antichi soffitti maleodoranti e neri di fuliggine suscitavano nei ricordi dei loro abitanti.
Capita di notare spesso qualcosa di insolito nel territorio intorno a noi. Il più delle volte si tratta di qualche cosa che non c’é più. Un albero abbattuto, una casa scomparsa, una siepe che chiudeva un orizzonte. Pubblico alcuni esempi di Arte Pittorica e Compositiva piuttosto che di architettura. Sono intonaci pitturati, quasi affrescati posti in evidenza in tutta la loro incredibile plasticità a seguito di alcuni crolli che, scoperchiando i tetti hanno fatto penetrare i raggi del sole in angoli reconditi che per secoli erano rimasti nascosti nel buio di una Lucania misteriosa. Mai si sarebbero pitturate le facciate esterne delle case con quei colori.
Ma forse la causa di tanto ardimento è da ricercare nelle condizioni di estrema povertà subite dalle popolazioni del mezzogiorno nei secoli passati. In questo eterno lutto dove tutto doveva essere miseramente nero, l’unico esorcismo possibile era colorare i soffitti, i muri, le cucine e le sedie di casa.
I colori del buio potrebbe essere il titolo di una mostra itinerante all’interno dei vicoli dei nostri centri storici, nel profondo delle cantine, delle grotte, delle botteghe, degli opifici, dove giovani artisti, scenografi, grafici e creativi possano cimentarsi in nuove sperimentazioni cromatiche reinterpretando gli spazi autentici attraverso letture futuriste ed interventi di alta tecnologia digitale.
Ecco allora nascere una nuova forma di progettualità senza necessariamente dare seguito ad interventi strutturali edilizi. Nuove forme di imprenditorialità organizzata, nuovi entusiasmi da coltivare all’interno delle associazioni giovanili, nuovi spunti per la creazione di indotto prodotto da attrattori unici ed esclusivi.
Naturalmente occorre individuare con molta oculatezza le strutture pubbliche che potranno essere oggetto di tale salvaguardia per non creare indesiderati effetti di promiscuità con le realtà urbane specificamente destinate alle residenze. In tali strutture, tutto potrà essere scrupolosamente conservato nello stato, nei colori, nelle fatiscenze e nella labilità in cui l’oggetto è pervenuto. Non potrà esservi spazio per alcuna sostituzione né strutturale, né impiantistica, né accessoriale. Gli unici interventi ammessi nel rigore francescano della riscoperta saranno esclusivamente quelli destinati a mantenere in sicurezza le varie strutture prese in esame.
Si tratta per lo più di recuperare gli allestimenti autentici di scenografie dimenticate, da far rivivere con la sola complicità di effetti grafici, illuminotecnici ed audiovisivi. Nelle case contadine, nelle botteghe, nelle grotte, ai margini delle piccole piazze costellate di camini, forni e focolai si udiranno suoni antichi provenienti dall’esterno, il rumore delle stoviglie di alluminio, il racconto lento e ripetitivo delle favole narrate in dialetto ai bambini perché prendano sonno in fretta; i rumori degli animali custoditi all’interno delle case e ricoverati al di sotto dei letti, il bagliore dei fulmini nelle notti di pioggia ed una serie misteriosa di ombre vaganti nelle strade come fantasmi senza meta.
Lodovico Alessandri
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